Monday, November 30, 2009

"Well then, goodbye everybody."

Un gruppo di cinquantaquattro studentesse di liceo si mette in fila sulla banchina della metropolitana di Tokyo e dopo essersi prese per mano saltano sui binari proprio mentre il treno sopraggiunge. La macabra scena è sottolineata da una musica di tutt'altro tenore, quasi straniante se relazionata con il bagno di sangua al quale stiamo assistendo. Questo è il folgorante (e a riguardarlo non fa che diventare sempre più incredibile) inizio di Suicide Club di Sono Shion ed è anche il primo dei forti contrasti di cui la pellicola è piena. Il regista giapponese affronta senza tanti fronzoli, e senza nascondersi dietro ad un velo come spesso accade nel cinema giapponese, una tematica scottante e sempre attuale in terra nipponica come quella dei suicidi e lo fa con una storia, da lui stesso scritta, che ci proietta in un incubo dove, come guidati da una mano misteriosa, centinaia di persone decidono di togliersi la vita senza apparente motivo. Come i personaggi del film anche noi veniamo abilmente guidati da Sono a credere alla natura criminale di questi accadimenti e che in realtà ci sia una volontà omicida dietro queste morti, un Club dei Suicidi che guida tutto nell' ombra e attraverso internet. Ma in realtà le motivazioni si nascondono dietro le apparenze, dietro i sorrisi, dietro le famiglie felici. Un malessere profondo che appesta la società come un morbo che infetta in maniera subdola perchè ci si autocontagia senza saperlo. Un messaggio pessimistico che sembra trovare uno spiraglio di positività in un finale comunque inquietante e di grande impatto. Un forte contrasto insomma, proprio come si diceva in precedenza, che Sono gestisce con grande maestria e così fa con i lresto del film che prende improvvisamente derive horror e grottesche, fa convivere personaggi canonici ma ben definiti (il poliziotto Kuroda) con altri al limite dell' assurdo (Genesis), senza far perdere alla pellicola la sua solidità. Caratteristica questa che si ritrova nella filmografia di questo regista e che lo rende senza ombra di dubbio uno degli autori più interessanti del panorama cinematografico giapponese.

Sunday, November 29, 2009

Lyric of the Week + Video / AFTERHOURS - VOGLIO UNA PELLE SPLENDIDA


Stringimi madre ho molto peccato
Ma la vita è un suicidio l'amore è un rogo
E voglio un pensiero superficiale che renda la pelle splendida

Senza un finale che faccia male
Con cuori sporchi e le mani lavate
A salvarmi, vieni a salvarmi, salvami, bacia il colpevole
Se dice la verità

Ma sì...
Ma sì...
Ma sì...
Ma sì...

Passo le notti nero cristallo
A sceglier le carte che giocherei
A maledire certe domande che forse era meglio non farsi mai

E voglio un pensiero superficiale che renda la pelle splendida
A salvarmi, vieni a salvarmi, salvami, bacia il colpevole
Se dice la verità

Ma sì...
Ma sì...
Ma sì...
Ma sì...

E voglio un pensiero superficiale che renda la pelle splendida
A salvarmi, vieni a salvarmi, salvami, bacia il colpevole
Se dice la verità

Ma sì...
Ma sì...
Ma sì...
Ma sì...

Friday, November 27, 2009

CONSIGLI PER GLI ACQUISTI - DIE HARD 3 : DURI A MORIRE

Produttore: Cecchi Gori
Distributore: Cecchi Gori HV
Video: 2.35:1 anamorfico
Audio: Inglese Dolby Digital Surround, Italiano Dolby digital 5.1 e DTS
Sottotitoli: italiano, italiano non udenti
Extra: trama testuale, galeria fotografica, Videoclip, filmografie cast artistico e tecnico
Regione: 2 Italia
Confezione: amaray



Note: anche se la cosa più semplice da fare sarebbe sparare a zero su quasi tutti i dvd pubblicati sotto il marchio Cecchi Gori, bisogna dare merito alla casa italiana di essere stata tra le prime ad utilizzare la codifica DTS per l'audio dei suoi prodotti. Che poi le edizioni fossero deficitarie negli altri comparti tecnici è un'altra cosa che non si può certo ignorare e il terzo film della seria Die Hard non fa certo eccezione. Certo, considerandola nel suo complesso la si può valutare appena sufficiente ma decisamente sotto tono se comparata con le due splendide edizioni speciali edite dalla FOX per i film precedenti. Non si venga tratti in inganno dai cofanetti contenenti la trilogia o la quadrilogia, perchè il disco utilizzato per Die Hard 3 è lo stesso identico (anche materialmente) di quello delle edizioni Grandi Film della Cecchi Gori, stessa operazione di cessione momentanea dei diritti messa in piedi a suo tempo per il cofanetto di Terminator edito dalla Sony. Inutile dire che in tutto il mondo il film è pubblicato in un' edizione doppio disco che alla nostra neanche la vede, ma sperare in una riedizione è francamente inutile considerato il fatto che la Cecchi Gori e restia a cedere definitivamente i diritti sui film che distribuisce. Non rimane che guardare oltre i confini nazionali

Produttore: Touchstone
Distributore: Buone Vista HE
Video: 2.35:1 anamorfico
Audio: Dolby Digital 5.1 tedesco, inglese
Sottotitoli: inglese, tedesco, bulgaro
Extra: Disco1 - commento del regista; Disco2 - Making Of, "Visual Effects" featurette, Behind the Scene vignettes e Storyboads, Interview and Profiles, Trailer e Easter Egg
Regione: 2 Germania
Confezione: amaray


Note: generalmente, quando l'edizione italiana non ha quei requisiti che la rendono meritevole di essere acquistata, io per primo mi rivolgo al mercato inglese ma non questa volta. L'edizione UK di Die Hard 3 (Die Hard with a Vangeance) infatti, forse per non turbare le innocenti orecchie britanniche, presenta una versione edulcorata della traccia originale inglese, ripulita dei numerosi "fuck" presenti nei dialoghi cosa che, da purista, trovo inaccettabile. Per avere un' edizione senza questi ridicoli "tagli" è bene rivolgersi alla Germania dove il film è pubblicato in una edzione perfettamente identica a quella inglese (stessi parametri audio/video e extra) ma con la traccia originale, per così dire, "colorita". Io ho avuto la fortuna che mi sia stata portata direttamente dalla Germania ma se volete acquistarla potete trovarla a poco meno di nove Euro (ai quali vanno aggiunte le spese di spedizione) sul sito Amazon tedesco e più precisamente
qui. Sempre che vi accontentiate della mancanza di doppiaggio e sottotitoli in italiano, of course.

Thursday, November 26, 2009

CINEQUIZ - ST.01 - EP.13 "And...curtain!"


Soluzione: SUICIDE CLUB
Vincitore: Chimy

Classifica:
Grace - pt. 7
Chimy - pt. 6
Tob - pt. 3
Nick - pt. 2
Spino - pt. 2
frenzmag - pt. 1
sommobuta - pt. 1

Ed ecco i frames che sarebbero seguiti:



Wednesday, November 25, 2009

"See ya later, Navigator!"

Ci sono tutta una serie di film, per lo meno per noi che siamo stati bambini negli anni '80, sui quali abbiamo poggiato la nostra formazione fantastico/fantascientifica, una serie di pellicole che adesso chiamiamo cult ma che allora abbiamo amato come fossero le cose più belle al mondo. Probabilmente fu Steven Spielberg, con i capolavori "Incontri Ravvicinati del Terzo Tipo" e "E.T.", a spianare la strada, a mostrare che lo spazio non è soltanto freddo e vuoto o abitato da orrori innominabili. Lassù oltre le stelle, lui e altri registi che lo seguirono negli anni e venire, videro le potenzialità nascoste in luoghi sconosciuti, terreno fertile per avventure il cui confine era solo l'immaginazione, contatti fino ad allora solo sognati fra razze e civiltà sconosciute. Se poi queste storie avevano come protagonisti bambini o ragazzi nostri coetanei con i quali potevamo identificarci, si capiscono bene i motivi per i quali questi film ci rimasero nel cuore. Il già citato E.T. è sicuramente l'esempio più illustre, ma si prenda ad esempio anche Explorers di Joe Dante (con i giovanissimi Ethan Hawke e il compianto River Phoenix) o Navigator di Randal Kleiser dove si miscelava l' esperienza extraterrestre con i viaggi nel tempo, in un mix veramente suggestivo e coinvolgente. La vicenda inizia il 4 luglio del 1978 quando, il dodicenne David si inoltra nel bosco dietro casa per andare a prendere il fratello più piccolo. Attirato dai latrati del suo cane si avvicina ad una scarpata e precipita di sotto. Risvegliatosi fortunatamente illeso, si affretta a tornare a casa solo per scoprire che al posto della sua famiglia ora ci abita una coppia di anziani. Spaventati dallo stato di agitazione in cui si trova il ragazzo, i due chiamano la polizia che conduce il ragazzo dove presumibilmente abitano i suoi genitori. Di fronte ad una casa sconosciuta Daniel riconosce i suoi genitori anche se invecchiati: è il 1986 e se per Daniel sembrano trascorse solo poche ore in realtà sono passati otto anni. Il tempo è trascorso per tutti tranne che per lui. La prima parte del film gioca le sue carte sul senso di perdita d'orientamento di Daniel, ritrovatosi improvvisamente nello stesso posto in cui ha sempre vissuto, così uguale eppure così profondamente diverso: non solo i suoi genitori si sono traferiti ma sono invecchiati. Il fratellino con cui litigava fino a poche ore prima adesso è più grande di lui. Ma dal '78 all' '86 i cambiamenti sono percepibili anche su altri livelli soprattutto per Daniel, che scopre ad esempio il suo programma TV preferito (Starsky & Hutch) sostituito con i per lui totalmente sconosciuti, videoclip musicali e così anche la musica e la moda cambiati a tal punto da essere quasi alieni. Ed è proprio la figura "aliena" di Max, l'intelligenza artificiale della navetta spaziale comparsa insieme a lui nel 1986, a rappresentare l' unico appiglio sicuro, l'unica figura amica in qual mondo al quale non sente di appartenere. La svolta extraterrestre, che spiega la condizione in cui si trova Daniel e ne definisce anche il ruolo nella storia (lui è il Navigator della navicella, in pratica una sorta di mappa stellare ambulante), è largamente anticipata da continui richiami a simbologie "ufo" (il frisbee, il silos o l'ombra del dirigibile) ed è anche il momento in cui il film si carica di quella magia e di quel fascino tipico delle produzioni di quegli anni dove gli effetti visivi erano per il 90% frutto di un elaborato uso di scenografie e di pupazzi (i curiosi "campioni" prelevati da Max nei pianeti che ha visitato). E se il film può apparire obiettivamente datato da un punto di vista tecnico, sfido chiunque ne abbia ricordo a riguardarlo oggi e ad affermare che sia invecchiato male. Magari chi neanche lo conosce potrebbe recuperarlo anche solo per scoprire un modo di fare cinema per ragazzi che ormai è andato perduto.

Tuesday, November 24, 2009

Gilliam attraverso lo specchio

Forse non è tanto corretto, ma è altrettanto inevitabile pensare che se non fosse stato per la tragica e prematura scomparsa di Heath Ledger, con il conseguente rimpiazzo sul set dei suoi colleghi e amici Johnny Depp, Jude Law e Colin Farrel, probabilmente The Imaginarium of Doctor Parnassus non avrebbe avuto questa visibilità e risalto mediatico, finendo relegato (almeno qua da noi) a quel circolo distributivo per pochi e fortunati eletti come già successo per il precedente Tideland. Ma il film di Gilliam ha dei motivi per farsi notare che vanno ben oltre questo, e se l'interpretazione di Ledger è la ciliegina sulla torta, anche il contorno è degno di assoluta attenzione, basti vedere i ruoli chiave portati sullo schermo da un cast composto da Christopher Plummer, il "diabolico" Tom Waits e la bella Lily Cole. Certo, probabilmente questo non è il film che Gilliam aveva in mente. Questo è il risultato di una produzione travagliata, rimaneggiata e perciò imperfetta. Eppure, nella sua imperfezione, è comunque compiuta. Scricchiola come il vecchio teatrino ambulante che il Doctor Parnassus porta in giro in una Londra che non sa più ascoltare le vecchie storie, ma al suo interno nasconde meraviglie che solo la mente di Gilliam poteva partorire. Lo specchio di Parnassus si apre su mondi a cui il Dottore da vita estrapolandoli dall'immaginazione di chi lo attraversa. La fantasia di Gilliam spazia su questi mondi dove la camera si muove senza limiti fisici restituendo allo spettatore tutta la potenza immaginifica del suo cinema. Fondamentalmente The Imaginarium of Doctor Parnassus è un film cha parla di cinema (impossibile non vedere nello stesso Parnassus un regista e nel suo specchio, che si apre come un sipario, il teatro dove il film viene proiettato) ma anche dell' immortalità dell' arte: Parnassus insegue l' immortalità che gli permetterebbe di raccontare in eterno le sue storie. Lui non invecchia e forse per questo i suoi racconti non stanno al passo coi tempi e nessuno li ascolta più rendendo la sua vita eterna vuota ed effimera. Solo l'immortalità dell' opera regala l'immortalità anche al suo creatore.

Monday, November 23, 2009

AD UN PRIMO SGUARDO: DEXTER - SEASON 04, DOLLHOUSE - SEASON 02 E FLASHFORWARD - SEASON 01

Sono per- fettamente consapevole che le opinioni sulla terza stagione di Dexter non sono state tutte votate all' elogio incondizio- nato, anzi, ma sono altrettanto con convinto che la quasi totalità degli aficionados alla serie abbiano atteso con impazienza questa quarta stagione merito anche di una campagna pubblicitaria particolarmente azzeccata che metteva bene in evidenzia il particolare cambiamento nella vita del nostro serial killer preferito: Dexter è padre. Così, oltre al doversi dividere fra il "passeggero oscuro" e il suo lavoro da ematologo, ora ha anche dei doveri come genitore, con molto sonno arretrato tra l'altro. Come se non bastasse su Miami incombe la minaccia del Trinity Killer. Insomma, grandi aspettative per questa stagione.

Non è che a qualcuno erano rimasti dubbi sulla validità di una serie come Dollhouse anche dopo il doppio finale di stagione (si intende sia l'episodio 12 che Epitaph)? No perchè nel caso, Joss whedon ha pensato bene di chiarire le idee un po' a tutti con una seconda stagione che promette veramente bene. Voglio dire, ne ho visti solo quattro episodi ma su di un totale di tredici mi sembra che il giudizio non è poi così tanto campato per aria. La cosa che salta subito agli occhi è la ferma intenzione di lavorare sui personaggi e 360°, scavando nel loro passato per renderli ancora più profondi e definiti. Tra l'altro sembra che si inizino a disseminare piccoli dettagli che rendono i frammenti di passato visti in Epitaph sempre più plausibili e non così lontani dal verificarsi.*

La ABC ha decretato la fine di Lost quattro anni fa. La ABC sa che Lost sta per finire. La ABC ha bisogno di una serie che ne prenda il posto. La ABC sta putando tutto su FlashForward e gioco forza ora tutti gli occhi sono puntati su questa serie che si ritrova sulle spalle una responsabilità enorme ed ingiusta. Perchè se dobbiamo considerare la serie ideata da David S. Goyer come la predestinata a raccogliere il testimone che Lost lasciare nel 2010, si può solo immaginare l' eccessiva severità con cui sara giudicata. Perchè diciamocelo, FlashForwrd è intrigante, ha un inizio coinvolgente e una trama che lascia presagire parecchi misteri da svelare, ma Lost è Lost ed è una cosa da tenere bene in mente quando se ne affronta la visione in modo da tenere la mente libera da pregiudizi. FlashForward è agli inizi e bisogna dargli la possibilità di dimostrare quel che vale anche se per me, visti i primi quattro episodi e considerata anche una struttura degli episodi votata al colpo di scena finale, la prima impressione è abbastanza positiva, si si.**

*Dal momento in cui ho scritto questo post a quando l'ho pubblicato, la Fox ha deciso di cancellare Dollhouse ma trasmetterà ugualmente i tredici episodi previsti della stagione...fanculo!
**Idem come sopra "Dal momento in cui bla bla bla" ho visto altri quattro episodi e la serie si mantiene, senza tanti scossoni, su livelli medi. Da segnalare anche una particolare ricercatezza nella colonna sonora che sa un po' di paraculata ma è comunque piacevole.

Sunday, November 22, 2009

Lyric of the Week + Video / TRAVIS - WHY DOES IT ALWAYS RAIN ON ME?


I can't sleep tonight
Everybody saying everything's alright
Still I can't close my eyes
I'm seeing a tunnel at the end of all these lights

Sunny days
Where have you gone?
I get the strangest feeling you belong.

Why does it always rain on me?
Is it because I lied when I was seventeen?
Why does it always rain on me?
Even when the sun is shining
I can't avoid the lightning

I can't stand myself
I'm being held up by invisible men
Still life on a shelf when
I got my mind on something else

Sunny days
Where have you gone?
I get the strangest feeling you belong.

Why does it always rain on me?
Is it because I lied when I was seventeen?
Why does it always rain on me?
Even when the sun is shining
I can't avoid the lightning

Oh, where did the blue skies go?
And why is it raining so?
It's so cold

I can't sleep tonight
Everybody saying everything's alright
Still I can't close my eyes
I'm seeing a tunnel at the end of all these lights

Sunny days
Where have you gone?
I get the strangest feeling you belong.

Why does it always rain on me?
Is it because I lied when I was seventeen?
Why does it always rain on me?
Even when the sun is shining
I can't avoid the lightning

Oh, where did the blue skies go?
And why is it raining so?
It's so cold

Why does it always rain on me?
Is it because I lied when I was seventeen?
Why does it always rain on me?
Even when the sun is shining
I can't avoid the lightning

Why does it always rain on me?
Why does it always rain on...

Thursday, November 19, 2009

CINEQUIZ - ST.01 - EP.12 "Video killed the radio star"

Mi scuso in anticipo per la qualità infima dei frames di questa settimana che risultano visibilmente schiacciati sull'asse verticale a causa del pessimo DIVX dal quale li ho catturati.


Secondo frame: i miei coetanei DEVONO averlo visto per forza!


Terzo frame: mangiatevi le mani adesso ^__*


Soluzione: NAVIGATOR
Vincitore: sommobuta

Classifica:
Grace - pt. 7
Chimy - pt. 3
Tob - pt. 3
Nick - pt. 2
Spino - pt. 2
frenzmag - pt. 1
sommobuta - pt. 1

Wednesday, November 18, 2009

Il completamento del Quaderno della Morte cinematografico

Death Note - The Last Name, seguito del precedente Death Note (anche se sarebbe più corretto definirlo un necessario completamento), conferma alcune sensazioni avute con il primo film e ne smentisce delle altre. La conferma è quella più palese: per quanto migliore del primo, in quanto racconta forse la parte più emozionante della storia originale, è palese che un manga come Death Note è un opera nata sulla carta che deve necessariamente rimanere sulla carta. Questo secondo film inizia dove il primo si interrompeva, con Light ormai entrato nel gruppo investigativo che da la caccia a Kira e con Misa Amane che riceve il quaderno della morte diventando il secondo Kira, finiendo con lo scontro con L dall' esito ben diverso rispetto al manga. Se all' inizio si poteva pensare che la decisione di modificare così il racconto dipendesse dalla necessità di dare una conclusione dove invece il manga proseguiva ulteriormente, alla luce dei fatti sembra che tutto fosse studiato ad arte per permettere la realizzazione dello spin-off dedicato al personaggio di L (quel "L Change The World" presentato al FEFF 10). Se mettiamo sulla bilancia quindi la necessità di adattamento cinematografico e necessità commerciali, mi sa che il peso pende sulla seconda. Nonostante questo però Death Note - The Last Name ha in parte smentito le mie aspettative che erano praticamente nulle. Nonstante le modifiche di cui ho scritto poco sopra, il film risulta leggermente più godibile del precedente e meno irritante, merito sopratutto del personaggio di L e dell' emozionate duello che scaturisce con Kira/Light. Uno scontro fra menti geniali raccontato nella maniera più fedele possibile, che cerca di restituire quel pathos che scaturisce con forza dalle pagine del fumetto. I meriti vanno quindi alla storia in se, mentre continua ad imperare un anonimato registico francamente imbarazzante. Ma se riuscite a sopportare queste gravi mancanze ed il finale diluito (ma perchè i film giapponesi si dilungano tanto da dare l'impressione di non finire mai?), potreste trovare il film non completamente deprecabile. Certo, a patto che sopravviviate alla visione del primo però.

Tuesday, November 17, 2009

Dateci la distruzione che meritiamo

"Una cosa così può cominciare solo a Hollywood". questa è la frase pronunciata dal personaggio di Woody Harrelson, che un po' riassume anche il modo in cui bisognerebbe approcciarsi a 2012, ultima fatica di Roland Emmerich che, dopo l' inutile 10.000 A.C., torna al sottogenere che l'ha reso famoso e che l'ha fatto conoscere un po' dappertutto come il narratore della fine del mondo, il disaster movie. Quello che ci si aspetta infatti è di potersi godere, nell' ampiezza della schermo cinematografico, uno spettacolo di distruzione senza precedenti che ci incolli alla poltrona per le due ore e mezza di durata, niente di più. Non bisogna star li a sottilizzare sull' impossibilità di alcune sequenze, sull' assurdità, sulle fortuite coincidenze, perché così significa solo castrare a priori il divertimento: Ben venga quindi un aereo che vola indenne fra soprelevate e palazzi che crollano. Ben venga una Bentley che scende da un aereo che effettua un atterraggio di fortuna. Con estremo piacere assistiamo al Presidente degli Stati Uniti che bacia il ponte di una portaerei sul cortile della Casa Bianca. Chi se ne frega se il "cupolone" di San Pietro non va in frantumi crollando, ma si mette a rotolare sulla Piazza schiacciando Presidente del Consiglio e migliaia di fedeli. Così dovrebbe essere ma, come Emmerich ci ha tristemente abituato, così non è. La promessa infatti si fonda su di una ingombrante premessa è cioè basare gli avvenimenti del film sullo spauracchio che va di moda ora, la fine del mondo predetta dai Maya e fissata per il 21 dicembre 2012. Certo, si potrebbe obiettare sull' attendibilità di questa previsione considerata la fine che gli stessi Maya hanno fatto, ma tanto basta a creare il giusto hype intorno al film sfruttando quest'atmosfera da profezia incombente e da apocalisse inevitabile. Ad alimentare questa (incomprensibile) necessità di realismo ci si mette anche lo snocciolamento di teorie scientifiche che, in confronto, a quelle di The Day After Tomorrow ci fanno una pippa, tipo congiunzioni astrali che, se in 2001 Odissea nello Spazio le scimmie cominciavano a pestare le ossa, qui la terra si sfalda come se fosse di burro. Ed ecco che il divertimento è rovinato e indispettiti ci troviamo costretti a mettere i puntini sulle "i": basta personaggi insulsi, basta raccontare la tragedia attraverso le loro storie. Non ci frega nulla dello scrittore sfigato, della sua ex moglie banderuola e un po' mignotta, dello scienziato che pretende di salvare la razza umana a suon di predicozzi o dei bambini russi e ciccioni che vorresti solo vedere morti. E se l'unico personaggio che salverei è quello di Oliver Platt, cinico e risoluto come la situazione richiede, i veri protagonisti sono tutte quelle persone che precipitano dai palazzi, quelli che finiscono nelle viscere della terra con la metropolitana o quelli ingoiati dalla gigantesca onda negli altipiani dell' India. Le vittime sono quelle che raccontano una storia così, ma è consuetudine per i film di Emmerich, in eccessi di buonismo speranzoso che hanno il solo scopo di far uscire dalla sala il pubblico a cuor leggero (ma chi ve l'ha detto che invece non preferisca stare con le fitte allo stomaco e le chiappe strette?) ribaltare il discorso ed uscirsene con un "ehi, alla fine non va poi così male! Abbiamo pure l' Africa da ri-colonizzare!". Tutto come da copione, per carità, ma fa rabbia come questo atteggiamento così "easy" alla catastrofe mi tolga parte del godimento che queste pellicole dovrebbero giustamente regalare, riducendo 2012 ad una inoffensiva, scaramantica, toccatina di palle in formato widescreen.

Monday, November 16, 2009

"Lesbian Vampire Killers" quando di un film è interessante solo il titolo

Non è mica detto che da un film mediocre non si possa trarre qualche prezioso insegnamento e che per forza di cose sia tutto da buttare. Mettete lo sfortunato caso che vi trovate ad affrontare una vampira e per giunta lesbica, che fate? Le trafiggete il cuore? Bene, potrebbe funzionare. Ma se invece si trattasse della regina di tutte le vampire lesbiche, risvegliata dall' unione del sangue dell'ultimo discendente del cavaliere crociato che la uccise e quello di una vergine, cosa vi inventate? Ecco, seppur inconsistente, Lesbian Vampire Killers di Phil Claydon vi mette nelle condizioni di difendervi mostrandovi che l'unica arma in grado di fermare le Regina, lesbica e vampira, è uno spadone dall' impugnatura fallica. Oltre questo il film non da molto altro anzi, tradisce un po' le aspettative che solo dal titolo salgono in maniera incontrollabile. Il problema è che Lesbian Vampire Killers si accoda al trand delle commedia/horror/britannica cominciata con Shawn of the Dead, non possedendo ne le solide basi del film di Edgar Wright ne una coppia di attori protagonisti come Simon Pegg e Nick Frost, anche se si può affermare senza tanti dubbi che, in fondo in fondo, James Corden nel ruolo di Fletch se la cava più che bene e strappa più di una volta una sincera risata al contrario di Mathew Horne, il cui personaggio è anche il perno della vicenda, la cui partecipazione si dimentica in fretta. E questo accade anche perchè il resto del cast è composto quasi unicamente da avvenenti signorine poco vestite che si accarezzano e baciano lascivamente (non che si veda molto di più ma basta questo a catturare l'attenzione). Il fatto è che Lesbian Vampire Killers è soprattutto una commedia dalla comicità orientata su battute sesso allusive-eslicite che usa l' horror e la figura sensuale del vampiro, ma soprattutto la componente lesbica più chiaccherata che mostrata, giusto per attirare un target di pubblico più vasto. Ma se vuoi accontentare tutti e alla fine non accontenti nessuno, il gioco vale la candela? A mio avviso, decisamente no.

Sunday, November 15, 2009

Lyric of the Week + Video / WEEZER - (IF YOU'RE WONDERING IF I WANT YOU TO) I WANT YOU TO

"Uh! Lei è quella di Cloverfield*"


The moon was shining on the lake at night
The Slayer t-shirt fit the scene just right
Smeared mascara, I looked into your eyes, I saw a light
You told me stories about your chickadees
They didn't like BB guns or stupid archery
John the lifeguard, he let them use the pool all day for free

Then the conversation stopped, and I looked down at my feet
I was next to you and you were right there next to me
Then I said:

Girl, if you're wondering if I want you, (I want you to)
I want you to (I want you to)
So make a move, (Make a move)
'Cos I ain't got all night

The rest of the summer was the best we ever had
We watched Titanic, and it didn't make us sad
I took you to Best Buy, you took me home to meet your Mom and Dad
Your Mom cooked meatloaf even though I don't eat meat
I dug you so much, I took some for the team
Your dad was silent, his eyes were fixed on what was on TV

Then the conversation stopped, and I looked down at the ring
Your folks were next to you, and you were right there next to me
Then I said:

Girl, if you're wondering if I want you, (I want you to)
I want you to (I want you to)
I swear it's true (I swear it's true)
Without you, my heart is blue
Girl, if you're wondering if I want you, (I want you to)
I want you to (I want you to)
So make a move, (Make a move)
'Cos I ain't got all night

So much pain may come our way
There may come a day when we have nothing left to say

When the conversation stops, and we're facing our defeat
I'll be next to you and you'll be right there next to me
Then I'll say:

Girl, if you're wondering if I want you, (I want you to)
I want you to (I want you to)
I swear it's true (I swear it's true)
Without you, my heart is blue
Girl, if you're wondering if I want you (I want you to)
I want you to (I want you to)
So make a move, (Make a move)
'Cos I ain't got all night

*valeva la pena salvarla dal palazzo sbilenco ^__^

Thursday, November 12, 2009

CINEQUIZ - ST.01 - EP.11 "Oh my God!"


Secondo frame: ummm...mi sa che non diventa più facile !


Terzo frame: la colonna sonora è MOOOOLTO importante! Che faccio? Me lo prendo io 'sto punticino? ^__*


Soluzione: C.R.A.Z.Y.
Vincitore: Grace

Classifica:
Grace - pt. 7
Chimy - pt. 3
Tob - pt. 3
Nick - pt. 2
Spino - pt. 2
frenzmag - pt. 1

Wednesday, November 11, 2009

THE BLUE LIGHT o dell' "adolescenza distorta"

Generalmente un film che racconta di un' omicidio, soprattutto se perpetrato da un minorenne, porta con se parecchie riflessioni soprattutto se c'è nelle intenzioni del regista l'inserimento dell'atto criminale in un determinato contesto sociale, cosa che Yukio Ninagawa non mi sembra che faccia in questo suo The Blue Light. Anche il suicidio come "uscita di sicurezza" non mi sembra rappresenti un argomento abbastanza sviluppato da dare il giusto spessore al film. D' altronde il protagonista Shuuichi è un liceale come tanti, ha amici, frequenta le ragazze, ha i suoi spazi, un lavoro ed una madre e una sorella che ama molto. Ed è proprio per proteggere la sua famiglia che decide di uccidere il padrino, ubriaco molesto, che si è trasferito a casa loro nonostante il divorzio. Quello che lascia veramente perplessi è che non solo le motivazioni che lo trasformano in assassino sono piuttosto fiacche, ma il film assomiglia fin troppo al classico drammone giapponese quando invece ha gli elementi per essere tutt'altro. Invece di nascondersi dietro la solita regia piatta e le musiche piazzate ad arte, si sarebbe potuto sfruttare quello che il film nasconde sotto la superficie. Perchè grattando via tutto il superfluo (pure troppo per i miei gusti) sotto sotto rimane la figura disturbante di un ragazzo che lucidamente si documenta ed organizza un omicidio in piena regola, creandosi anche un alibi che lo scagioni. Una volta superato quel limite è solo l'assassino che rimane indipendentemente dalle motivazioni che l'hanno mosso. Insomma, Shuuichi è un piccolo bastardo che non vuole solo proteggere la madre e la sorella, ma vuole rimanere anche libero e impunito. E anche nel finale, nella sua decisione (abbondantemente anticipata fin dai primi minuti del film) di evitare le sue responsabilità prendendo quell' "uscita di sicurezza" di cui si parlava prima, non si intravede un desiderio di catarsi, quanto la più lucida e ragionata delle soluzioni, epilogo inevitabile inciso come un testamento su di un vecchio registratore. Insomma mi sembra che il film, nella sua superficialità, si prenda fin troppo sul serio nel rappresentare l'adolescenza come "età di mezzo" dove tutto è possibile, dove le responsabilità sono facilmente aggirabili, e visto il pubblico di giovani al quale si rivolge, fa specie notare i messaggi distorti (la polizia che lascia libero un potenziale pluriomicida? Ma dove diavolo si è mai visto?) che ne scaturiscono soprattutto in materia di suicidio, argomento piuttosto caldo in terra giapponese. Ma queste sono solo disquisizioni a livello teorico, pensieri estrapolati dal lato "sporco" della pellicola e percezioni del tutto personali (e forse sbagliate) che mi sono arrivate da un film che sembra voler farsi piacere a forza, e in un modo poco corretto, ad un pubblico adolescente.

Tuesday, November 10, 2009

"I can hit any bank I want, any time. They got to be at every bank, all the time."

In alcuni casi anche un piccolo particolare può essere di una rilevanza fondamentale, aspetto che chi ha il gravoso compito di adattare i titoli dei film stranieri nel nostro Paese (anche se ancora mi è del tutto oscuro perché bisogna farlo) spesso si dimentica. Anche trasformare un plurale in singolare può essere importante, specialmente se parliamo di Pubblic Enemies, ultima fatica di Michael Mann, diventato in Italia semplicemente Nemico Pubblico, curiosamente omonimo del film di Tony Scott di qualche anno fa. Eppure, se non bastasse una visione del film a rendersi conto che non c'è un unico "nemico pubblico" nel film, basterebbe considerare la splendida filmografia di Mann dove il dualismo dei suoi protagonisti ha fatto da perno e da caratteristica principale delle sue pellicole più belle ed importanti. Proprio come in questi film, anche in Pubblic Enemies, Mann non contrappone due figure facilmente assimilabili al "ruolo" di buono e cattivo o di poliziotto e criminale, ma preferisce personaggi sfaccettati, inclini alle debolezze, orgogliosi, leali, umani. John Dillinger è un criminale, rapina banche con la presunzione (a ragione) di chi sa di poterlo fare impunemente, di chi non ha paura di essere catturato. Ma Dillinger è anche un gentil'uomo osannato come una star dalla gente comune, una persona che ama vestirsi bene, la vita mondana e le donne. Melvin Purvis è un agente dell' FBI, il migliore nel dare la caccia ai criminali ed è l'unico che può catturare Dillinger e salvare la faccia al Bureau. Per catturarlo Purvis è disposto anche a "togliersi i guanti bianchi", sporcarsi le mani, superare il già flebile confine che separa legalità e crimine, poliziotti e giustizzieri. Mann costruisce attorno a loro una gangster story in cui si assapora il passato grazie ad uno splendido lavoro di trucco, costumi e scenografie curate al dettaglio, ma con un approccio visivo moderno merito della fotografia di Dante Spinotti e dall' utilizzo di camere digitali, tecnologia diventata parte integrante del cinema del regista americano sin da Collateral e ne esalta le qualità registiche soprattutto nelle sequenze notturne che in Pubblic Enemies trova la sua valida rappresentante in quella sparatoria nei boschi, sicuramente annoverabile tra le cose migliori viste quest'anno ma non solo. Trattandosi di un film di gangster non è certo il solo momento in cui i protagonisti si vedono coinvolti in uno scontro a fuoco ma questo non significa che le sparatorie siano la componente fondamentale del film. Mann gestisce l'azione con precisione ed ogni colpo d'arma da fuoco ha il suo momento e la sua funzione, lontana da quella spettacolarizzazione che ci si aspetterebbe da un film prodotto da una Majour. Perchè Pubblic Enemies, e cosi il precedente Miami Vice o Collateral (giusto per fare due esempi), è un film dove i personaggi rivestono un ruolo fondamentale e Mann sa quando fermare la macchina da presa e concentrarsi su di loro, sui loro volti, in cerca anche solo di uno sguardo in grado di trasmettere tutte le loro emozioni. Questo è anche ciò che fa la differenza tra un regista qualsiasi ed un grande autore. Tra cinema da botteghino e Grande Cinema.

Monday, November 09, 2009

AD UN PRIMO SGUARDO: HEROES - SEASON 04, FRINGE - SEASON 02, VIRTUALITY - PILOT

La mediocrità della terza stagione mi ha spinto a doman- darmi: "continuo a seguirla?" "smetto?" "continuo a seguirla?" e via dicendo. Fatto sta che mentre mi facevo ripetutamente queste domande mi sono guardato i primi quattro episodi della nuova stagione che vanta due aggiunte al cast: Robert Knepper, orfano di Prison Break, e Madeline Zima da Californication. La loro entrata in scena non sembra che possa dare alla serie la spinta che sto aspettando dalla seconda stagione e le cose sembrano sempre tutte uguali: voglio dire, Hiro è sempre più la macchietta della serie, Peter fa l'eroe ma sembra avere costantemente un dito nel culo e Parkman è sempre più ciccione. Provo veramente tanta tristezza e tanta noia. Yaaawn.

Ecco, a differenza di Heroes, Fringe spacca. La prima stagione era andata in crescendo e si ricomincia alla stessa maniera, in accelerazione e senza intenzioni di fermarsi a breve. Anche qui ho visto i primi quattro episodi ma c'è veramente di che ben sperare. Innanzitutto la serie non si ricollega direttamente allo strepitoso finale della prima stagione e questo già cattura l'attenzione unito all' incontrollabile desiderio di vedere colmato quel vuoto. Non aggiungo altro se non che con questo background fantascientifico e realtà alternative, Fringe ha tutte le carte in regola per darci grandi, grandissime soddisfazioni.

La fantascienza è una gran cosa, unita ad un prodotto seriale lo è anche di più. Ora immaginate un modulo spaziale lanciato nello spazio con a bordo un equipaggio piuttosto variegato impiegato in una missione per raggiungere la stella Eridana. Immaginate anche che questa missione sia parte di un colossale reality show con tanto di regista e conduttrice e che questa missione, della durata di dieci anni, diventi fondamentale per salvare la razza umana a rischio estinzione per l' aggravarsi delle condizioni climatiche. Chiusi in un ambiente limitato per tutto questo tempo si rischia di perdere la ragione, motivo in più per dotare il modulo di un sistema di realtà virtuale che permette all' equipaggio di evadere. Ma è proprio nelle sessioni virtuali che l'equipaggio incontra uno strano individuo estraneo al programma che usa violenza su di loro e cerca in più occasioni di ucciderli. Virtuality pesca a piene mani dal cinema di fantascienza più classico (2001 Odissea nello Spazio) e anche dal più recente (Sunshine) e mette insieme tanti elementi (forse anche troppi) che il pilot certamente non può sviluppare pienamente. Il problema è che il network non ha confermato la serie pertanto questo singolo episodio è l'unica cosa che vedremo di Virtuality. E' tutta roba buona che merita una visione intendiamoci, ma la cosa da comunque sui nervi.

Sunday, November 08, 2009

Lyric of the Week + Video / THE ARCADE FIRE - WAKE UP


Somethin' filled up
my heart with nothin',
someone told me not to cry.

But now that I'm older,
my heart's colder,
and I can see that it's a lie.

Children wake up,
hold your mistake up,
before they turn the summer into dust.

If the children don't grow up,
our bodies get bigger but our hearts get torn up.
We're just a million little gods causin' rain storms turnin' every good thing to
rust.

I guess we'll just have to adjust.

With my lightnin' bolts a glowin'
I can see where I am goin' to be
when the reaper he reaches and touches my hand.

With my lightnin' bolts a glowin'
I can see where I am goin’
With my lightnin' bolts a glowin'
I can see where I am, go-go, where I am

You'd better look out below

Thursday, November 05, 2009

CINEQUIZ - ST.01 - EP.10 "Why does it always rain on me?"


Secondo frame: un po' in ritardo rispetto al solito ma oggi va un po' così ^__^"


Terzo frame: ok, let's end this ^__*


Soluzione: I'M A CYBORG BUT THAT'S OK
Vincitore: Grace

Classifica:
Grace - pt. 6
Chimy - pt. 3
Tob - pt. 3
Nick - pt. 2
Spino - pt. 2
frenzmag - pt. 1

Wednesday, November 04, 2009

"It's going to be a place where only the things you want to happen, would happen."

E' un film da non sottovalutare il bellissimo "Nel Paese delle Creature Selvagge" di Spike Jonze, che nella sua linearità del racconto, presa pari pari dal libro illustrato per bambini da cui è tratto (datato, è bene ricordarlo, 1963), nasconde una profondità che lo rende sfuggevole a qualsiasi tipo di definizione o accorpamento ad un genere specifico. Fiaba? Racconto fantastico per bambini? "Coming of age" rivolto magari più agli adulti? Forse il maggior pregio del film sta nella maniera in cui queste aspetti convivono tutti assieme permettendo di vedere la storia di Max, bambino come tanti ma non per questo meno speciale, da prospettive differenti. La dimensione fantastica è quella più facilmente raggiungibile anche solo sfiorando la superficie del film ed è sicuramente quella che emerge in maniera più forte dalle immagini di Jonze, cariche di quella magia tipica delle fiabe in grado ti toccare le corde delle emozioni e di arrivare dritte al cuore: gli occhi di Max velati di lacrime, le corse forsennate per la foresta, il sole che fa capolino tra i tronchi degli alberi o che ritaglia in controluce le sagome delle Creature Selvagge, sono quadri incorniciati con la precisa intenzione di imprimersi negli occhi e nell' immaginario di chi guarda. Ma come ogni fiaba o racconto fantastico che si rispetti, anche "Nel Paese delle Creature Selvagge" è presente una componente ambigua incarnata propri nei mostri che popolano il mondo creato da Max, paffuti, pelosi e dai grandi occhi ma dotati di artigli e denti aguzzi. Forse è qui che la sceneggiatura scritta dello stesso Jonze e Dave Eggers, prende maggiormente le distanze dal libro di Sendak (quaranta pagine il cui testo non riempie neppure un foglio) e l'incontro tra Max e le Creature non rappresenta solo l'occasione di sfogarsi in una giocosa "ridda selvaggia", ma diventa un vero confronto con le proprie paure, con la propria rabbia incontrollata, con frammenti e riflessi della propria personalità. Solitario, sognatore, malinconico, spaventato dall' abbandono, rabbioso in cerca d'attenzioni, Max affronta un' immersione completa nelle sue fantasie, un viaggio interiore non privo di difficoltà (il mare in tempesta) per giungere nel luogo in cui guardare e comprendere dall' esterno le sue Creature Selvagge, non senza momenti di paura o rischiando di venirne divorato. Ciò che è parto della fantasia insomma, è strumento necessario e fondamentale nella crescita, per elaborare quello che nel reale appare distante e incomprensibile, materiale basilare per colmare il gap tra bambini, adulti e, perchè no, anche viceversa.

Tuesday, November 03, 2009

L' incompiuto Quaderno della Morte cinematografico

Il cinema commerciale giapponese si muove su binari sicuri e collaudati che consentono grossi guadagni soprattuto se si combinano trasposizioni live action di manga di successo uniti alla presenza di attori/attrici bellocci. Se si vogliono citare i casi più recenti possiamo tirare in ballo titoli come Nana, 20th Century Boys e Death Note. A fronte di guadagni tutt'altro che disprezzabili ci sta un meccanismo produttivo che riduce ai minimi termini tutti gli aspetti puramente tecnici di queste pellicole ed escludendo l'utilizzo, qualora si rendesse necessario, di effetti speciali e simili, regia, fotografia, scenografie ecc., sono più assimilabili a meri prodotti televisivi piuttosto che a pellicole cinematografiche. Il caso di Death Note non fa eccezione. Manga di successo, anime di successo e, di conseguenza, film di successo. Peccato solo che tra i primi due ed il terzo ci sia uno scarto qualitativo non indifferente: il manga è ben scritto e coinvolgente, il film ne è una copia quasi identica appesantito dalle lacune indicate poco sopra. Ci sono storie poi, stratificate e complesse, che necessitano di una riscrittura capace per diventare sceneggiature credibili che non riducano tutto ad una rapresentazione piatta o, peggio ancora, vuota. Facciamo un esempio: Light Yagami del fumetto è un genio in pieno delirio di onnipotenza perchè si trova per le mani un' "arma" che lo rende molto simile ad un Dio. E' freddo, calcolatore e per raggiungere il suo ideale di giustizia è disposto a sacrificare tutte le persone a lui più vicine. Il Light Yagami del film è...è...un' altra cosa diciamo, e forse il fatto che non si riesca a trovare fascinoso il personaggio dipende molto dall' attore protagonista, tale Tatsuya Fujiwara (Battle Royal), poco credibile nel ruolo e ma soprattutto poco credibile come essere umano. Qualche colpa è da imputare anche alla necessità di raccontare il perchè perda fiducia nella legge e nella giustizia (ma che bisogno c'era?) o alla mancanza dei suoi soliloqui e machiavellici ragionamenti, forse poco cinematografici ma sicuramente meglio degli spiegoni che compaiono in sovraimpressione durante il film. Purtroppo anche il resto non si salva (Riuk è figo però!) anche perchè manca un confronto con la sua nemesi, L, leggermente più riuscito forse perchè ricco di caratteristiche e comportamenti più facilmente "riproducibili" anche da un attore scarso. Bisogna dire che questa pellicola non racconta tutta la storia ma arriva fino a quando Light entra a far parte del gruppo investigativo che da la caccia a Kira, pertanto il vero scontro tra i due protagonisti è rimandato al film successivo sul quale, devo essere sincero, non ho grandi aspettative.

Monday, November 02, 2009

LOST : STAGIONE 05 - DHARMA INITIATIVE ORIENTATION KIT LIMITED EDITION - (R2 - ITALIA)

Quella di questo post è un' edizione che non ha bisogno di tante presentazioni. Dopo quattro stagioni pubblicate su classici cofanetti con confezioni mini-amaray, arriva finalmente per Lost una limited edition con i fiocchi: ispirata a quanto visto nella quinta stagione, la confezioni si presenta come il Dharma Orientation Kit, una voluminosa scatola di cartone contenente ogni genere di amenità per far impazzire qualsiasi fan dela serie ideata da J.J. Abrams, ma soprattutto i collezionisti/feticisti. Aperta la confezione in cartone, all' interno troviamo un quaderno ad anelli nel quale, oltre alla videocassetta (si, si, una VHS funzionate) contenente il video di Orientamento della Dharma, sono presenti flyer informativi, patch ricamate da cucire sui vestiti, il foglio con la tregua tra la Dharma e gli autoctoni dell' Isola (contenuta in una busta sigillata che ho provveduto ad aprire senza intaccarne il sigillo...follie da collezionisti!) e naturalmente i 5 DVD con gli episodi e gli extra dela stagione (contenuti in confezioni in carta che ricordano i vecchi floppy da cinque pollici). Se si vuole muovere qualche critica al cofanetto si possono trovare due difettucci: il primo sta nella fascetta che avvolge la scatola in cartone, incollata chissà per quale motivo e nel rimuoverla si rischia di rovinare leggermente il cartone. Il secondo sono le confezioni in carta molto leggera che contengono i DVD e che sembrano inclini al rovinarsi facilmente. Il resto è pura goduria anche se il prezzo non è bassissimo (siamo intorno ai 59 Euro) ma, se confrontato con quello dell' edizione regolare, forse conviene la limited.

Caratteristiche Generali e Tecniche:
Produttore: Buena Vista
Distributore: Walt Disney Studios HE
Video: 1.78:1 anamorfico
Audio: Dolby Digital 5.1 Italiano, Inglese, Spagnolo
Sottotitoli: Italiano, Inglese, Inglese non udenti, Spagnolo, Svedese, Norvegese, Danese, Finlandese, Islandese, Portoghese, Olandese
Extra: "Lost Location" featurette, "L'Edificio 23 e oltre" featurette, "Un giorno epico in compagnia di Richard Alpert" featurette, "I Misteri dell' Universo: l' iniziativa Dharma" featurette, Lost Bloopers, Scene eliminate, Commenti audio agli episodi
Regione: 2 Italia
Confezione: cofanetto

Contenuti Cofanetto:






DHARMA INITIATIVE ORIENTATION VIDEO
1 VHS "Dharma Orientation Video"


DHARMA INITIATIVE Basic Information, Maps & Schedules, Services
1 flyer Dharma Motor Pool
1 flyer Dharma Cafeteria
1 flyer Getting To Know Your Way Around
1 comunicazione di benvenuto firmata da Horace Goodspeed












DHARMA INITIATIVE Rules & Regulations, Security
1 flyer Dharma Security Team
1 foglio di accettazione delle regole della Dharma Initiative







DHARMA INITIATIVE Vocationals And Station Patches, Vacational And Staion Patch Placement Instructions
4 Patch ricamati




ORIENTATION Floppy Disks
5 DVD contenenti gli episodi della serie e gli extra
1 CD con la canzone "Dharma Lady" dei Geronimo Jackson




DHARMA INITIATIVE SECURITY TEAM CONFIDENTIAL
1 busta sigillata contenente le regole della tregua tra la Dharma e gli "Altri" con annotazioni di Richard Alpert