Monday, January 31, 2011

Il re balbuziente

Alla vigilia della Seconda Guerra Mondiale, Re Giorgio VI tenne un discorso di importanza fondamentale per il popolo britannico, scrivendo una pagina indelebile nella storia del suo Paese. E' questa è appunto "storia". Il regista Tom Hopper si focalizza su cosa avvenne prima di quel famoso discorso, sull' uomo non destinato a diventare re ma costretto ad assumersi l' onere/onore dopo che il fratello fu costretto ad abdicare, e ad affrontare il problema della balbuzie che lo affligge fin da bambino rendendogli quasi impossibile adempiere ai più semplici doveri istituzionali. Ora, la prima cosa che si deve evitare con Il Discorso del Re, è incappare nell' errore di sottovalutare il film proprio perchè incentrato su di un fatto storico così specifico ma nel complesso piccolo e poco rilevante per i non nati sul suolo inglese. Quella di Hopper è infatti un' ottima pellicola, scritta con intelligenza e splendidamente bilanciata tra commedia e dramma. Un film incentrato su di un regnante balbuziente non poteva non dare ai dialoghi la giusta importanza e di conseguenza ai personaggi, dietro ai quali emerge la bravura degli interpreti: Colin Firth capace di dare corpo ad una Re Giorgio spaventato dalle sue responsabilità ma allo stesso tempo dal forte temperamento, o l'eccentrico e risoluto logopedista interpretato da un sempre bravo Geoffrey Rush. Se di certo il film pone l' attenzione sui due personaggi maschili e sul rapporto di fiducia e profonda amicizia che si instaura tra loro, non è certo di minore importanza il principale ruolo femminile, quello di Helena Bonham Carter e della sua Regina Elisabetta, moglie di Giorgio, figura forte e di sostegno fondamentale, quasi a ribadire il concetto che "dietro ogni grande uomo c'è sempre una grande donna".

Sunday, January 30, 2011

Lyric of the Week + Video / SHE & HIM - DON'T LOOK BACK


Orpheus melted the heart of Persephone, but I never had yours
I followed you back to the end of the path, but I never found the door

And you can work to save your love
You can bear it from the earth below

You can work but you can't let go
Oh, oh but you have to know

Don't look back all you'll ever get is the dust from the steps before
I don't have to see you every day, but I just want to know you're there

Quietly took to the dark of the day and the hiss of the summer night
The heat of the breeze was a cell block wall and when I looked you were out of sight

And you can work to save your love
You can bear it from the earth below

You can work but you can't let go
Oh, oh but you have to know

Don't look back all you'll ever get is the dust from the steps before
I don't have to see you every day, but I just want to know you're there

And you can work to save your love
You can bear it from the earth below

You can work but you can't let go
Oh, oh but you have to know

Don't look back all you'll ever get is the dust from the steps before
I don't have to see you every day, but I just wan't to know you're there

Don't look back all you'll ever get is the dust from the steps before
I don't have to see you every day, but I just want to know you're there

Don't look back all you'll ever get is the dust from the steps before
I don't have to see you every day, but I just want to know you're there

Don't look back all you'll ever get is the dust from the steps before

Thursday, January 27, 2011

CINEQUIZ - ST.02 - INTERMISSION

Giusto due parole per ricordare che giovedì prossimo, 03/02/2011, la seconda stagione del CINEQUIZ riprende come da programma con il sedicesimo episodio.
La gara è ancora apertissima come dimostra la classifica:

Grace - pt. 11
kusanagi - pt. 6
Beld - pt. 5
Falketta - pt. 3
Moka - pt. 3
Tob - pt. 3
Massy - pt. 1
Michele - pt. 1

Alla settimana prossima allora, vi aspetto numerosi ed agguerriti ^^

Wednesday, January 26, 2011

TRANSPORTER 3: Statham al cubo

Il primo Transporter ed il suo seguito sono sicuramente i film che hanno visto nascere ed affermare Jason Statham come icona del cinema action moderno, conferma che poi è arrivata con altri film i cui massimi rappresentanti sono sicuramente i due Crank. Ma rimanendo ai film dell' autista su commissione, fa specie notare come a distanza di tempo abbia iniziato ad apprezzarli decisamente di più (soprattutto il primo rispetto al secondo) e perciò è con curiosità e piacere che mi sono dedicato al terzo capitolo di questa saga action tutta (o quasi) europea, uscito nel 2008 ma arrivato in Italia nella tarda metà del 2010 direttamente per l' home video. Terzo film quindi, e terzo nome che si sussegue dietro la macchina da presa, tale Oliver Megaton che prende il posto che fu di Cory Yuen e Louis Leterrier. Per il resto squadra che vince non si cambia: produzione e sceneggiatura sempre nelle mani dei numi tutelari di questo progetto fin dagli esordi, Luc besson e Robert Mark Kamen, mentre le coreografie dei combattimenti sono affidate al sempre bravo Cory Yuen. La cosa che piace fin da subito di questo nuovo Transporter è il passo indietro che si è fatto nell' utilizzo degli effetti speciali, meno invadenti rispetto al secondo capitolo e più in sintonia con l' anima di questo progetto, adrenalinico ma con almeno un piede per terra, il che corrisponde a belle sequenze di lotta e inseguimenti "breathtaking" (uno dei quali in bici!!!). Torna inoltre un villain di tutto rispetto che copre una delle falle di Transporter Extreme perchè, anche se sottotono, Robert "T-Bag" Knepper ad Alessandro Gassman gli fa mangiare la merda. Ma Trasporter è Jason Statham e basta. Fisicamente il doppio rispetto al film del 2002, l'attore Inglese usa tutto il suo carisma, la fisicità e la dedizione alle sequenze d'azione a favore del film, definendo un personaggio che guida, mena e ha un cambio d'abito nel portabagagli per ogni evenienza, anche se a questo giro maggiormente incline a infrangere le sue stesse regole e a lasciarsi la vecchia vita alle spalle. Filmetto potrà essere definito, io stesso tempo fa lo avrei etichettato così, eppure chissà perchè ne vogliamo ancora.

Tuesday, January 25, 2011

"What is the worst way to die?"

Le premesse erano già buone ma non ci si aspettava di certo che Adam Green, dopo Hatchet, centrasse in maniera così precisa il suo secondo film horror che lo vede, ancora una volta, sia regista che sceneggiatore di una storia che attinge da una delle paure forse non tra le più comuni ma che di certo avrà sfiorato la mente di chi è un abituale frequentatore delle mete sciistiche: rimanere bloccato sulla seggiovia a decine di metri d'altezza. Green abbandona il gioco citazionistico del film precedente e costruisce Frozen tutto intorno alla situazione in cui si trovano i tre sfortunati protagonisti della vicenda, ma soprattutto su quella che per il 90% della pellicola ne costituisce l' unica ambientazione. E' vero che l' espediente della negligenza degli addetti ai lavori utilizzato per creare le circostanze che lasciano i protagonisti abbandonati a se stessi (al gelo e sospesi a mezz' aria, ma non proprio soli), ricordano molto da vicino quelle di Open Water di Chris Kentis, ma il film si regge egregiamente sulle proprie gambe grazie ad un meccanismo che, con pochi, pochissimi elementi, innesca una crescita esponenziale della tensione che crea un coinvolgimento ed un empatia totale con i protagonisti. E' giusto spendere due parole proprio su questi ultimi che, come in Hatchet, dimostrano una particolare cura che il regista riserva loro, più che nel definirli in profondità, dimostrandosi totalmente impietoso nel farli precipitare in situazioni totalmente al limite. Adam Green, questa volta la promozione è meritata.

Monday, January 24, 2011

"We got to get these things to learn to eat something other than us"

Survival of the Dead è il sesto film di George Romero dedicato ai morti viventi ma, a tutti gli effetti, è il seguito diretto del precedente Diary of the Dead, vero e proprio reboot della "saga". Si riprende infatti il gruppo di soldati che derubarono i protagonisti del film precedente, e li si ritrova coinvolti, loro malgrado, nella faida di due famiglie che sono divise, non solo dalle proprietà di un' isola, ma anche dal modo in cui vogliono affrontare la piaga degli zombie: una famiglia vorrebbe sterminarli tutti mentre l'altra vorrebbe "addomesticarli" in attesa che si trovi una cura. Il fatto che siano uno il seguito dell' altro (anche se "Survival" sembra quasi uno spin-off) non significa che questi ultimi due film siano completamente scollegati dai precedenti anche perchè il regista americano continua nel suo attacco critico alla società e ai suoi molteplici aspetti, mostrandoci ancora una volta che il vero nemico siamo sempre e solo noi stessi, e anche quando dovremo essere più uniti ci lasciamo sopraffare dall' odio, dalla vendetta, dalla gelosia, dall' avidità, sentimenti innati nell' uomo e spesso coltivati dall' ignoranza o da particolari contesti sociali e culturali ("nelle piccole città nasce gente picolla"). Romero ha semplicemente iniziato con Diary, un percorso nuovo mostrandoci, attraverso l'espediente metacinematografico del documentario nel film, cosa sarebbe successo se i morti fossero tornati in vita nei nostri giorni e che ruolo avrebbero avuto i mezzi di comunicazione, sia quelli canonici che i più moderni. In Survival sono passati solo sei giorni dall' inizio della fine e tutti sanno quello che sta succedendo e cercano a loro modo di porvi rimedio o di conviverci. Romero a questo punto fa un passo indietro e dopo il documentario sceglie un approccio cinematografico più classico confezionando a tutti gli effetti un film western (uno zombie-western?). Insomma, dopo aver guardato al futuro, Romero si rifugia nel passato aprendo scenari teorici davvero interessanti (che questa sia la via per la "sopravvivenza" del genere?). Certo, ci sarebbe piaciuto vedere applicato questo "sguardo al passato" anche negli effetti visivi del film che, pur tenendo presente la natura low budget del progetto, sono spesso eccessivi e un po' ridicoli. Dare maggiore spazio al trucco e all' artigianalità di Greg Nicotero avrebbe certamente giovato non poco a quella che si può considerare tra le pellicole minori di Romero ma di certo non un brutto film, in quanto perfettamente coerente con quanto fatto fino a oggi dal Maestro dei morti viventi.

Sunday, January 23, 2011

Lyric of the Week + Video / THE NATIONAL - ENGLAND


Summer sent a runner through the weather that I'm under for the feeling that I lost today
Summer sent a runner for the feeling that I lost today
Summer sent a runner through the weather that I'm under for the feeling that I lost today
Summer sent a runner for the feeling that I lost today

You must be somewhere in London, you must be loving your life in the rain
You must be somewhere in London, walking Abbey Lane
I don't even think to make, I don't even think to make
I don't even think to make corrections

Famous angels never come through England
England gets the ones you never need
I'm in a Los Angeles cathedral
Minor singing airheads sing for me

Put an ocean and a river between everybody else
Between everything, yourself, and home
Put an ocean and a river
Between everything, yourself, and home

You must be somewhere in London, you must be loving your life in the rain
You must be somewhere in London, walking Abbey Lane
I don't even think to make, I don't even think to make
I don't even think to make corrections

Famous angels never come through England
England gets the ones you never need
I'm in a Los Angeles cathedral
Minor singing airheads sing for me

Afraid of the heigth, stay the night with the sinners
Afraid of the height, stay the night with the sinners
Afraid of the height, 'cause they're desperate to entertain

Afraid of the height, stay the night with the sinners
Afraid of the height, stay the night with the sinners
Afraid of the height, 'cause they're desperate to entertain

Afraid of the height, stay the night with the sinners
Afraid of the height, stay the night with the sinners
Afraid of the height 'cause they're desperate to entertain

Afraid of the height, stay the night with the sinners
Afraid of the height, stay the night with the sinners
Afraid of the height, 'cause they're desperate to entertain

Thursday, January 20, 2011

THE FALL

Inspiegabilmente ignorato dalla distribuzione italiana, esce questa settimana direttamente in DVD e BluRay il bellissimo film di Tarsem Singh, The Fall.
Da quel che si può leggere nelle schede linkate poco sopra, i parametri tecnici fondamentali ci sono tutti compreso il doppiaggio italiano per chi ha poca dimestichezza con le lingue straniere o per quelli poco propensi a guardare i film sottotitolati. Rimane da verificare se:
1) quella portata in Italia è la versione "cut" (tutti i dettagli qui) o quella integrale presente nel DVD e BluRay americano
2) se nelle versioni italiane sono presenti gli extra delle versioni straniere in vendita già da diverso tempo.

Wednesday, January 19, 2011

Il cuore della bambola

Hirozaku Koreeda è il regista di quel magnifico film del 2004 dal titolo Nobody Knows, nel quale affrontava la drammatica vicenda di quattro fratelli abbandonati dalla madre, fatto tra l'altro realmente accaduto. Una vicenda che ha dell' incredibile avvenuta sotto gli occhi distratti di un mondo, di una città e di una società dove ognuno è abbandonato a se stesso. Queste tematiche tornano in qualche modo nel suo ultimo film, Air Doll, intrise però in una atmosfera quasi da favola: la protagonista infatti è una bambola gonfiabile che scopre di avere un cuore e decide perciò di esplorare i sentimenti nuovi che prova entrando in contatto con la città ed i suoi abitanti, almeno fino a quando il suo "padrone" è a lavoro. Sembra di assistere quasi ad una riscrittura adulta del pinocchio di Collodi, ma il regista procede sistematicamente a demolire le aspettative e le certezze dello spettatore facendolo sprofondare, dai toni surreali iniziali tinti da rimandi alla più classica commedia romantica, ad un ritratto quanto mai reale, crudo e anche macabro, di una società (il regista parla di Tokyo ma potrebbe succedere in tantissime metropoli) disgregata, dove l' individuo è lasciato in balia di se stesso, spinto ad isolarsi fino a venir divorato, svuotato, dalla sua stessa solitudine. In questo contesto l' innocenza rappresentata dalla protagonista agisce come una panacea sulle anime perse con le quali si trova casualmente ad interagire il cui effetto, una volta esaurito, rivela che nessuno vuole essere curato preferendo ai sentimenti dei semplici surrogati. In questa visione così pessimistica, il regista dipinge la sua "bambola" con grande umanità, rendendola dolce, fragile, sensuale (molto bella ed erotica la scena dove lei si ferisce ad un braccio in libreria) mentre esplora gli aspetti dolci ed amari di possedere un cuore. E diciamo anche che, se non fosse stato per la bella e brava attrice coreana Doo-na Bae che la interpreta, il film non sarebbe stato lo stesso.

Tuesday, January 18, 2011

Over the "torture porn" and beyond

A Serbian Film di Srđan Spasojević è una pellicola della quale, in bene o in male, bisogna parlare. Sia per esorcizzarne in qualche modo la visione, sia per raccogliere le idee e tirare le somme su di un film che sembra voler seguire una strada precisa ma che non riesce ad arrivare completamente a destinazione forse perché, il messaggio che si vuole comunicare, non è abbastanza forte da stare al passo con tutto quello che gli occhi e lo stomaco dello spettatore devono sopportare. E non è certo poco considerato che il regista va oltre il torture porn mentre trascina il suo protagonista (e noi inevitabilmente con lui) in una spirale di violenza e brutalità, in un susseguirsi ininterrotto che si fa escalation e che sembra trovare fine in un fuoricampo (uno dei pochi che il film ci concede) subito interrotto dall' ennesimo calcio sulle palle che incassiamo e di cui accusiamo gli effetti nei titoli di coda ma anche dopo. Ed è il dopo che bisogna prendere in considerazione per capire cosa resta del film, per capire fino a che punto arriva la gratuità e l'esplicità delle immagini e dove inizia la riflessione sul Paese che fa da sfondo alle vicende. A Serbian Film è un film serbo che parla della Serbia, ne fa un ritratto sociale sporco, cattivo. Una nazione malata di un male che nasce dal' alto ma che arriva fino al' interno dei nuclei familiari distruggendoli, facendo affogare nel sangue (e nello sperma) le speranze di riscattare il proprio futuro. Tutto questo però rimane un background abbastanza piatto a cui Spasojević non riesce a dare la giusta forza ed alla fine è come cercare di ascoltare una voce indistinta in mezzo ad una folla urlante. Rimangono dei dubbi insomma, per un film che al di la di un impianto narrativo solido, sembra voler mettere alla prova prima di tutto la sopportazione dello spettatore al di sopra di ogni altra, voluta o non voluta, intenzione.

Monday, January 17, 2011

SKYLINE: braccia rubate alle serie tv

In materia di invasioni aliene ed eventi catastrofici, il cinema sembra aver detto tutto o quasi. Eppure, qualcuno che vuol dire la sua ancora c'è, ed in questo caso la regola è una sola: alzare la posta. Skyline è un film che sulla carta segue questa regola scrupolosamente è il trailer sembrava indicare quello dei fratelli Strause come un nuovo tassello del genere: gigantesce navi spaziali che invadono il cielo di Los Angeles dalle quali escono altre centinaia di piccoli mezzi "tentacolati" che sembrano voler far impallidire Indipendence Day. Mostri davvero grossi che camminano per le strade. Rapimenti di massa. Ma abbandonata qualsiasi aspettativa e messo in conto il minimo impegno cerebrale che un prodotto di questo tipo richiede, si può tranquillamente dire che Skyline è un film imbarazzante. La cosa si comincia ad avvertire fin dalle prime immagini quando si fa ingombrante la sensazione di trovarci di fronte, più che ad un film cinematografico, ad una produzione televisiva di livello medio alto (inteso da un punto di vista produttivo e non qualitativo), e a quasi conferma di questo c'è un cast pescato a piene mani proprio dall' universo seriale americano (24, Dexter, Scrubs, ecc.) ma nessun nome spicca per una particolare interpretazione risultando anzi quasi tutte parecchio insipide tanto quanto i personaggi. Gli effetti visivi, l' unica cosa veramente ben fatta in questo film, mostrano una produzione sbilanciata verso questo aspetto tecnico lasciando al caso il resto. Responsabilità che tocca direttamente soprattutto la coppia di fratelli/registi, in veste anche di supervisori agli effetti visivi, che avrebbero dovuto curare anche la regia per meglio metterli in risalto, piuttosto che rifugiarsi per gran parte del film nella comodità degli interni di un supercondominio losangelino. Bisogna spendere due parole per la sequenza che arriva quasi a sorpresa quando si crede (spera) che il film giunga a conclusione, un ribaltone talmente "scult" da fare quasi simpatia e che apre la strada ad un sequel che, a questo punto, si teme come la peste.

Sunday, January 16, 2011

Lyric of the Week + Video / THE LONELY ISLAND - I JUST HAD SEX

THE BOYS ARE BACK!!!


Sometimes
Something beautiful happens
in this world

Oh
Akon
And Lonely Island

You don't know how to express yourself so
You just gotta sing

I just had sex
And it felt so good (felt so good)
A woman let me put my penis inside her (her)
I just had sex (Hey!)
And I'll never go back (never go back)
To the not-having-sex
Ways of the past

Have you ever had sex?
I have, it felt great
It felt so good when I did it with my penis
A girl let me do it
It literally just happened
Having sex could make a nice man out' the meanest

You'll never guess where I just came from
I had sex
If I had to describe the feeling it was the best
When I had the sex
'Meant my penis felt great
And I called my parents right after I was done

Oh hey, didn't see you there
Guess what I just did
Had sex, undressed, saw her boobies and the rest

Well sure
Nice of her to let you do that thing

Nice of any girl ever

Now sing

I just had sex
And it felt so good (felt so good)
A woman let me put my penis inside her (her)
I Wanna tell the world

To be honest
I'm surprised she even wanted me to do it

Doesn't really make sense

But man, screw it

I ain't one to argue with a good thing

She could be my wife

That good?

The best 30 seconds of my life

I'm so humbled by a girls ability to let me do her

Cuz honestly I'd have sex with a pile of manure
With that in mind the soft, nice-smellin' girl's better

She let me wear my chain and my turtle neck sweater

So this one's dedicated to them girls
That let us flop around on top of them
If you're near or far, whether short or tall
We wanna thank you all for lettin' us fuck you

She kept looking at her watch

Doesn't matter, I had sex

But I cried the whole time

Doesn't matter, I had sex

I think she might have been a racist

Doesn't matter, I had sex

She put a bag on my head

Still counts

I just had sex
And my dreams came true (dreams came true)
So if you had sex in the last 30 minutes then you're qualified to sing with me
I just had sex (everybody sing!)
And it felt so good (we all had sex!)
A woman let me put my penis inside her (I wanna tell the whole world!)
I just had sex (I just had sex!)
And I'll never go back (no, no, no!)
To the not-having-sex
Ways of the past

Thursday, January 13, 2011

In viaggio verso il VALHALLA

Valhalla Rising di Nicolas Winding Refn ha sfiorato le nostre italiche coste in occasione del Festival di Venezia 2009 per poi sparire completamente dai radar. Bisogna dire però che questa volta i nostri distributori hanno avuto gioco facile, infatti basta poco per capire quanto fossero scarse le probabilità di un riscontro commerciale per un film di questo tipo, in cui i dialoghi si contano sulle dita di una mano e sono soprattutto i silenzi e i paesaggi a farla da padrone. La pellicola si apre in una qualche sperduta regione del nord Europa, abitata da una tribù di vikinghi brutti, sporchi, cattivi e pagani, dove dei guerrieri tenuti come prigionieri vengono utilizzati per cruenti combattimenti all' ultimo sangue. Tra questi c'è One-Eye, guerriero muto ed imbattibile, la cui forza attira le attenzioni dei cavalieri cristiani, anche loro sporchi, brutti e cattivi, che lo arruolano per la guerra che si svolgerà in Terra Santa per la riconquista di Gerusalemme. Abbiamo detto in apertura che Valhalla Rising è un film d'atmosfera costruita sui paesaggi, tanto evocativi quanto inquietanti, particolare sottolineato da una colonna sonora incalzante ed opprimente. Ma Valhalla Rising è anche un film con sprazzi (abbastanza circoscritti, è il caso di dirlo) di violenza cruda e brutale, perpetrata tanto da One-Eye (per esigenza di sopravvivenza) quanto dai futuri crociati. Il film evidenzia in maniera forte l' ipocrisia della "missione santa" dei guerrieri cristiani guidata da desideri materiali piuttosto che da valori religiosi, sostituiti da dubbi, paura e violenza quando il loro viaggio si trasforma in un vagare in terre sconosciute e inospitali. Il regista racconta il viaggio di One-Eye che, guidato da visioni premonitrici, da guerriero nordico anela ad una morte in battaglia per accedere al Valhalla (e da qui, credo, il titolo del film), dividendo il film in sei parti, dalla Collera fino ad il Sacrificio, in un percorso ricco di parallelismi con quello di Cristo raccontato nella Bibbia. Valhalla Rising insomma, rappresenta una piccola ed inaspettata sorpresa, sicuramente non per tutti i palati, capace di regalare un profondo coinvolgimento sempre che si sia disposti ad abbandonarsi totalmente alla visione anche quando sembra (come nella bella sequenza della nave) che il regista voglia prendersi più del tempo che gli serve.

Wednesday, January 12, 2011

"Why the fuck did you make her in the first place?"

Vincenzo Natali, nome italiano ma origini canadesi. Il suo nome è legato indissolubilmente ad un cult particolarmente apprezzato, quel The Cube che vanta anche due seguiti francamente inutili. Dopo una serie di progetti dei quali so poco o nulla, Natali ritorna con Splice, pellicola capace di regalare qualche sorpresa soprattutto se si affronta la visione sapendo il meno possibile. Sulle prime infatti, Splice è un film un po' ingannevole, che sembra voler tirare la corda del pippotto sulle maggiori responsabilità etiche e morali che dovrebbe avere la scienza nei confronti di tutto ciò che riguarda la manipolazione nella creazione della vita, per mostrare le vere carte che ha intenzione di giocare una volta che i ruoli dei personaggi sembrano prendere forma in maniera definitiva. In pratica, la parte più tecnica di ciò che la coppia di genetisti fa è solo una beve parentesi rispetto alle conseguenze che comporta il loro agire in nome del progresso scientifico. Natali preferisce concentrarsi sui personaggi, sul loro sviluppo (o anche "evoluzione") psicologica che avviene gradualmente e parallelamente alla crescita della loro creatura ibrida, Dren. Da divinità a genitori e viceversa, passando per un triangolo nel quale Dren funge da catalizzatore di desideri di maternità celati, traumi infantili mai elaborati fino ad inaspettati appetiti sessuali inter specie. Uno sviluppo misurato al millimetro che procede quasi senza sbavature anche se rischia di scivolare in qualche occasione nel ridicolo involontario. Nel complesso riuscito però, e perciò qualcosa gliela si può anche perdonare.

Tuesday, January 11, 2011

La ricerca dell' Aldilà

Il desiderio di conoscenza e la necessità di non sapere, è ciò che collega le tre storie e i tre personaggi che compongono Hereafter, ultima fatica di Clint Eastwood che trova nella coralità del racconto i suoi punti di forza ma anche le sue debolezze. Se infatti la parte dedicata al personaggio di Matt Damon, George Lonegan, sensitivo che vive il suo dono come una condanna, risulta essere il fulcro del racconto, le altre due due, dedicate rispettivamente ad un bambino londinese che si trova ad affrontare la morte del fratello gemello ed una giornalista francese scampata miracolosamente allo tsunami nel sud est asiatico, sembrano eccessivamente dirette nel caricare emotivamente lo spettatore, anche con sequenze tanto belle (quasi "strappata" da film di altro genere quella, spettacolare, dell' onda anomala) quanto drammatiche. Certamente drammatico è quanto avviene a George, ma è un dramma trattato in maniera più intimista tanto da risultare più sofferto e sincero (le brevi sequenze con Bryce Dallas Howard ne sono un esempio perfetto) rispetto agli altri due. Si può notare nella sceneggiatura di Peter Morgan una certa ridondanza, un po'retorica (senza contare il solito ritratto italiano che finisce irrimediabilmente nella macchietta) ma non si può certo dire che Hereafter metta in ballo un argomento di poco peso, rispondendo all' eterno quesito "c'è vita dopo la morte?" in maniera forse consolatoria ma che lascia spazio a riflessioni sulla necessità dell' uomo, spesso spinto dalle fedi religiose, di sapere che la morte non è la fine ma un passaggio verso qualcos' altro. Un approfondimento che in qualche modo risolleva il giudizio, anche se non di molto, per un film dove sono diverse le cose che non convincono e che, insieme ad Invictus, si posiziona tra le opere minori della produzione recente di Eastwood.

Monday, January 10, 2011

TOP TEN FILM - ANNO 2010

A dieci giorni dall' inizio del 2011 arriva la mie TOP TEN dei migliori film del 2010. Niente da aggiungere se non la doverosa precisazione che questa classifica è stata redatta con la testa e con il cuore e pertanto risulta ancor di più estremamente personale. Non vi stupite perciò se ci trovate dentro titoli impensabili (e mi riferisco in particolare proprio alle ultime due posizioni ^__^) e nomi importanti tra gli esclusi che, per inciso, è stato difficilissimo tenere fuori.

1.

2.

3.

4.

5.

6.

7.

8.

9.

10.

Sunday, January 09, 2011

Lyric of the Week + Video / WEEZER - MEMORIES


Pissing in plastic cups before we went on stage
Playing hackey sack back when Audioslave was still Rage
Watching all the freaky Dutch kids vomit then have sex
Listening to techno music on the bus while we earned our checks

Memories make me want to go back there, back there
All the memories make me want to go back there, back there
All the memories, how can we make it back there, back there
I want to be there again

Messing with the journalists and telling stupid lies
They had a feeling that something was up because of the look in our eyes
In fact we didn't know what we were doing half of the time
We were so sure of ourselves and sure of our way through life

Memories make me want to go back there, back there
All the memories make me want to go back there, back there
All the memories, how can we make it back there, back there
I want to be there again

Now I got so many people that I got to look out for
Never know when I'll become awake and buy some food at the store
I can hear them babies crying and the lawn needs to be mowed
I gotta get my groove on because I'm freakin bored!

Memories make me want to go back there, back there
All the memories make me want to go back there, back there
All the memories, how can we make it back there, back there
I want to be there again

Friday, January 07, 2011

TRON LEGACY : raccogliere con orgoglio l' eredità

Le eredità sono spesso un fardello pesante da portare, soprattutto a livello cinematografico, particolare che non interessa alle major vista la quantità di titoli pescati dal passato ed aggiornati per il pubblico di oggi. Anche la Disney non si tira indietro e a quasi trent'anni di distanza ripesca Tron con un progetto ibrido tra sequel e rivisitazione in chiave moderna dell' originale. In un confronto diretto con l' originale però, Tron Legacy di Joseph Kosinski ne uscirebbe sicuramente, se non sconfitto, certamente in ombra, soprattutto considerando che difficilmente può aspirare a diventare un cult assoluto come il film di Lisberger. Senza contare il fatto che, mentre Tron era un film che guardava con precisione quasi profetica al futuro dello sviluppo informatico, Legacy è legato assolutamente al presente, all' utopia di una rete libera dove i programmi siano accessibili e gratuiti per tutti e alla realtà dei sistemi operativi aggiornati con sistematico tempismo allo scopo di lucrare sulle spalle degli utenti. Per fortuna questo non è uno di quei casi nei quali un confronto decreta un fallimento, anzi, Tron Legacy dimostra di avere le frecce giuste al suo arco e di poter ribaltare le più nere aspettative: fin dai primi minuti infatti, in un crescendo ininterrotto quando il film ci porta dentro la Rete, Legacy ci mostra la sua vera natura, una esperienza audio-visiva coinvolgente merito, in primis, della colonna sonora dei Daft Punk che "conduce" a tempo ogni singola sequenza. Da un punto di vista visivo, lasciato da parte il rotoscope su pellicola in bianco e nero, il film di Kosinsky punta ad un look dark, con tonalità scure sulle quali si stagliano le linee e i contorni luminosi del mondo digitale, dai veicoli ai costumi. La computer grafica riveste un ruolo principale, come nel film dell' '82, sia per quel che riguarda la realizzazione degli ambienti che dei personaggi (il villain Clu è un Jeff Bridges con il volto da giovane), ma anche il 3D fa il suo dovere in quanto usato, non solo a scopi commerciali (cosa che avviene fin troppo raramente), ma per dare quella "dimensione" in più alla Rete, rappresentandola con la massima espressione tecnologica in materia di proiezione cinematografica di oggi. A dispetto di ogni previsione insomma, Tron Legacy si merita una promozione per essere riuscito, nonostante i suoi limiti, a ritagliarsi una propria e solida identità tra la pressante sensazione di film omaggio e le inevitabili esigenze commerciali.

Wednesday, January 05, 2011

Six feet under

Sorprenderebbe sapere quanto è comune e diffusa la paura di essere sepolti vivi. Forse proprio per questo, la terrificante sensazione di trovarsi intrappolati ad attendere una lenta ed inevitabile morte, ha ispirato la letteratura (il bellissimo racconto di Edgar Allan Poe "Sepolto vivo") ed in tempi recenti anche TV (Lost) e cinema (la famosa sequenza di Kill Bill parte II). Ed è proprio il cinema a riportare in auge l 'argomento con un film che, fin dalle prime notizie trapelate, ha fatto pensare soprattutto ad un esperimento o ad una sfida: con Buried infatti, il regista Rodrigo Cortez si propone di imprigionare lo spettatore, insieme al protagonista del film, in un' angusta bara di legno a chissà quanti metri sotto terra, e questo per tutti i novanta minuti di durata del film. Esperimento riuscito? Sfida superata? La risposta è senza ombra di dubbio, si. Cortez non solo mette in piedi un perfetto meccanismo di tensione crescente, ma riesce a farlo lavorando con un solo attore è con una location piccola e angusta. La camera sfrutta ogni angolazione possibile (e impossibile) ed il montaggio sopperisce alla quasi totale immobilità del protagonista mentre le diverse fonti di illuminazione (uno zippo, il cellulare, una torcia elettrica) forniscono in qualche modo una diversa profondità alle scene. La storia, che ci viene svelata pian piano fino a rivelare le motivazioni che hanno portato il personaggio di Ryan Reynolds a finire prematuramente interrato, non arriva mai ad approfondire gli argomenti trattati (la guerra in Iraq, il terrorismo e la politica del Governo USA nell' affrontare le minacce terroristiche) ma funge da funzionale metodo per scandire lo scorrere del tempo, sempre a beneficio di quel meccanismo di tensione di cui si parlava poco sopra. Evitando puntigliose questioni su questo o quel dettaglio poco plausibile, e lasciandosi semplicemente avvolgere dalla claustrofobica sensazione che il film vanta, a ragione, di poter trasmettere allo spettatore, ci si può godere appieno dell' esperienza di Buried e magari immedesimarsi a tal punto da dimenticare perfino che ci possa essere qualcos' altro oltre a quelle sei pareti di legno grezzo.

Tuesday, January 04, 2011

L' Esplosivo cinema di di Jeunet

Quello che mi colpisce in positivo di registi come Jean-Pierre Jeunet è come riescano, indipendentemente che rimangano lontani dalle scene per diversi anni, a mantenersi fedeli alla propria idea di cinema, portando aventi progetti personalissimi senza dover necessariamente chinare la testa o cadere in tentazione di questo o quel blockbuster. A cinque anni da "Una lunga Domenica di Passioni" e quasi a dieci da quel "Il Favoloso Mondo di Amelie", che ne fece conoscere il nome al grande pubblico, Jeunet porta sul grande schermo L' Esplosivo Piano di Bazil (Micmacs a Tire-Larigot in originale) pellicola dove ancora una volta, visonarietà, romanticismo, ironia e grottesco si fondono in una sorta di favola moderna dove un gruppo di reietti, che vivono in una sorta di "hideout" costruito tra i rifiuti di una discarica, si scontrano contro due colossi dell' industria bellica che in qualche maniera hanno sconvolto la vita del protagonista Bazil. Elementi al limite del fantastico (la circense e un po' "freak" nuova famiglia di Bazil) si fondono genuinamente con una fin troppo reale macchia nelle candide facciate delle più grandi democrazie mondiali (rappresentata dalla coppia di mercanti di morte), grazie ad una sceneggiatura brillante e ad un cast encomiabile dal primo all' ultimo nome. Ma L' Esplosivo Piano di Bazil è anche un film molto ispirato dal punto di vista visivo e dove non mancano piacevolissimi omaggi squisitamente cinefili.