Thursday, September 27, 2012

Una lista per uccidere

Ci sono film che vivono di una fama, per così dire, "sotterranea" che nasce nei festival di cinema di genere e si sviluppa e diffonde poi in ogni angolo della Rete grazie ai forum o ai blog. Un tam-tam i cui effetti sono direttamente proporzionali all' interesse che i film in questione suscitano in chi li vede, specie se si presentano ermetici ed enigmatici. Viene alla mente il Donnie Darko di Richard Kelly che mise le rotelle degli spettatori all' opera nel tentativo di dare interpretazione e spiegazione logica degli eventi. Lo stesso è accaduto con Kill List di Ben Wethley, film all' apparenza piuttosto lineare ma che in realtà prende strade inaspettate e sorprendenti, quasi come un partita a carte con un avversario che riesce a bluffare nonostante giochi a mano scoperta. Così, quello che sulle prima sembra un comune dramma familiare, dove problemi economici stanno lentamente logorando una coppia con figlio, si trasforma pian piano in qualcosa di totalmente diverso: lui è senza lavoro da mesi ed i soldi stanno finendo. Un amico di famiglia vuole aiutarlo a rimettersi in carreggiata ed una sera a cena gli propone un lavoro che comporta l' assassinio di tre persone in una lista. Kill List è esattamente così, dal nulla fa emergere dettagli, piccoli particolari che chiariscono i retroscena (la carriera da ex militare del protagonista, diventato assassino a pagamento) ed altri invece meno evidenti, nascosti abilmente "tra le righe" dei dialoghi ma che conducono tutti in un unica direzione, verso un epilogo che sembrava già scritto fin dal principio e sul quale il libero arbitrio del singolo conta meno di nulla. Niente viene davvero spiegato alla fine e tutto resta sospeso ed attaccato a quei pochi elementi che si è riusciti a cogliere, cosa che contribuisce a far crescere una sensazione di spaesamento per come gli eventi siano precipitati da una cena tra amici ad una claustrofobica fuga da assatanati membri di una setta (probabilmente la sequenza più bella e spaventosa del film), come un bravo padre di famiglia si possa abbandonare, martello alla mano, ad un inaudito atto di violenza. Il pregio ed il fascino del film di Weathley sta proprio nel modo in cui ci trasporta, un po' inconsapevoli, per la sua strada, ci pone dei dubbi, ci fa porre delle domande alle quali non è facile dare risposte. D'altro canto, per gli stessi motivi, può essere tacciato di semplice furbizia fine a se stessa e che il film risulti alla fine solo un giochetto da risolvere a tempo perso. Eppure, che vi troviate da una parte o dall' altra vorrete rivederlo una seconda volta. E forse una terza. Vorrà pur significare qualcosa.

3 comments:

Anonymous said...

a me personalmente una volta sola è bastata e avanzata, anche se non nego che è uno dei quei film decisamente sgradevoli che ho visto per curiosità, visto il tam tam su internet, ma che nn mi ha dato nulla di più che una sensazione come dici tu appunto di malato e sgradevole un po' fine a se stesso e mal sviluppato.

Alessandra said...

Io nel finale ero con la bocca aperta e gli occhi spalancati, però non ho ancora capito se in questo caso è una cosa positiva o meno...

Ale55andra

Weltall said...

@kusanagi: recuperato proprio per via del tam-tam ma apprezzato a più livelli anche se, effettivamente, può sembrare un film molto fine a se stesso ^^"

@Alessandra: non saprei...per qual che mi riguarda posso dire che è stata una cosa positiva ^__*